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Santa Apollonia

La chiesa di S. Apollonia V.M

Nel limitare della Decarcia di S. Maria nel centro storico di Velletri si trova la bella chiesa di S. Apollonia V.M., una vera meraviglia del barocco. Le notizie su questo grazioso edificio sacro risalgono alla prima metà del XVII secolo quando essa venne eretta dai frati del Terzo Ordine di S. Francesco. P Benigno Di Fonzo nel suo intervento sul numero unico “Velletri Francescana” (1961) parla dell’ordine dei Terziari datandone l’ingresso a Velletri nel 1621. Dimorarono prima a qualche miglio dalla città  presso la chiesetta di S. Maria degli Angeli, concessa loro dalla confraternita della Misericordia, nella quale secondo la tradizione si era fermato S. Francesco di passaggio nella nostra città . Il titolo stesso di S. Maria degli Angeli e la festa che si celebrava il 2 agosto (Perdono di Assisi) starebbero ad indicare l’origine francescana della chiesetta. Sotto Urbano VIII nel 1631 i Terziari si portarono nel convento di S. Apollonia per la cui costruzione lo stesso papa aveva fatto devolvere le entrate che appartenevano al convento dei PP. Trinitari di S. Lucia di Palestrina. Nessuna scrittura di archivio di fornisce il nome dell’architetto che curò la fabbrica. Ma sappiamo bene però l’autore delle pregevoli decorazioni a stucco che Ettore Novelli ricondusse a Paolo Naldini, lo stesso stuccatore della galleria dell’ormai distrutto palazzo Ginnetti in piazza Cairoli. Novelli, secondo Tersenghi, desunse questa notizia dalle “Vite di pittori” del Pascoli il quale parla della presenza del Naldini a Velletri per una commessa ricevuta dal cardinale Ginnetti nel suo palazzo. La fonte settecentesca parla di una chiesa all’interno della quale Naldini lavorò dopo aver realizzato quella meraviglia che era la galleria Ginnetti. Ettore Novelli confronta gli stucchi perduti con quelli di S. Apollonia e vista la straordinaria somiglianza li assegna con certezza allo stuccatore romano che dovrebbe averli eseguiti contemporaneamente a quelli del palazzo Ginnetti, tra il 1647 e il 1648. La chiesa venne benedetta e consacrata il 15 agosto 1633 dal vescovo Giuliano Viviani suffraganeo del cardinale Domenico Ginnasi vescovo di Ostia e Velletri dal 1630 al 1639.

Descrizione: facciata

I padri, prima di prendere possesso della nuova chiesa, ricevettero in dono dal loro generale P. Ludovico Ciotti una bellissima immagine della Madonna con il Bambino che venne tolta dalla basilica romana dei SS. Cosma e Damiano. Essa venne posta sul terzo altare a destra di chi entra e venerata con il bellissimo titolo di Madonna della Vita. Si tratta dell’unica opera rimasta del periodo romano del grande maestro marchigiano Gentile da Fabriano. Nel 1913 per preservarla da eventuali furti venne portata nell’aula capitolare ed oggi esposta nelle sale del museo diocesano. Il primo a scrivere su questa tavola fu Bonaventura Teoli nel suo “Teatro Historico di Velletri”. L’arcivescovo veliterno dice di essere stato presente alla cerimonia di consacrazione della chiesa di S. Apollonia avvenuta come abbiamo detto il 15 agosto 1633 e di aver assistito alla donazione della tavola. Il Teoli data la tavola dal 1526, la stessa a cui si riferisce il mosaico absidale della chiesa dei Santi Cosma e Damiano sotto la committenza di Felice IV. Alessandro Borgia nella sua “Istoria della chiesa e città di Velletri” (1723) conferma le conclusione del Teoli. Tersenghi nel 1910 mette in dubbio tali conclusioni e pone la tavola tra i secoli XIV-XV. Lionello Venturi, il primo studioso a ricostruire le vicende della tavola, spiegò l’errore in cui erano caduti sia il Teoli che il Borgia ingannati dall’iscrizione che venne posta dopo la stesura pittorica. Venturi stendendo il catalogo di Gentile da Fabriano datò l’opera collocandola al periodo in cui il grande lavorò a Roma (1426-1427), di questo soggiorno sono andati perduti gli affreschi del Laterano e la Madonna di Velletri resta l’unica testimonianza. La critica artistica successiva conferma le conclusioni del Venturi, ma Christian nel 1982 fornisce un tassello in più nella storia dell’immagine ipotizzando che questa fu commissionata a Gentile per il IX centenario della consacrazione della chiesa dei SS. Cosma e Damiano. De Marchi nel 1922 contraddice quanto sopra esposto dicendo che a suo avviso una commissione del genere prevederebbe una mentalità antiquaria non molto plausibile. Dalle scritture notarili si evince che la Madonna aveva una grande devozione perché numerose furono le donazioni. Nel 1683, il 26 dicembre, il  notaio Carlo Vergati rogò l’atto di donazione di sei candelieri in argento da parte di padre Michele Baronio. Nel 1795 il notaio Gregorio Fortuna rogò l’atto di concessione in juspatronato della cappella della Madonna della Vita ai fratelli Giovanni e Pietro Corsetti la cui sepoltura è sita sul pilastro di destra della stessa cappella con lo stemma nobiliare.

Descrizione: IMG_0041

Il 4 luglio 2004 grazie alla disponibilità del maestro Ezio De Rubeis e della sua bottega è stato possibile, dopo più di ottant'anni dal trasferimento della tavola nella collezione diocesana, di porre sull’altare una copia fedele del prezioso manufatto restituendo così alla città una importantissima pagina del suo passato. La copia è stata benedetta dal rettore P. Evangelista Zinanni. La facciata della chiesa secondo alcuni studi recenti è invece riconducibile al 1762 ed è inquadrata da un timpano e da lisce paraste ai lati, presenta un portale con timpano curvilineo sormontato da un finestrone. Esternamente semplice e povera di decorazione ben si accorda con la regola di povertà dell’ordine francescano per cui venne eretta.

Per tradizione vi celebrò S. Giovanni Bosco in visita a Velletri. La navata è unica mentre la pianta è longitudinale. La chiesa presenta sette altari che nel corso dei secoli hanno più volte mutato dedicazione. Il più antico documento di archivio in nostro possesso è un inventario manoscritto redatto in occasione della visita pastorale del cardinale Ludovico Micara. L’autore dice che tre altari erano concessi in juspatronato, uno ai Corsetti come abbiamo detto dedicato alla Madonna della Vita, il secondo ai Comparetti dedicato a S. Domenico ma senza l'immagine del santo e il terzo ai Pietromarchi dedicato a S. Antonio mentre gli altri quattro erano di proprietà  della confraternita della Carità, Orazione e Morte che, come vedremo, succederà ai frati nell’officiatura della chiesa. Nel 1842 Costantino Campori lasciò un terreno alla confraternita affinché, con i suoi fruttati, si commissionasse una statua di S. Giuseppe da collocare in una delle cappelle di proprietà  della confraternita e la stessa dovesse essere sistemata per accogliervi la statua con le stesse citate rendite. Per tutto era deputato sig. Casimiro Pietromarchi, il quale dopo tre anni che amministrava le rendite diede rinuncia all’incarico. L’incarico fu portato a termine da Gioacchino Favale che quando terminò la statua fece anche la prima processione con la macchina donata dal Campori.