Per vedere le immagini sottostanti più grandi cliccare su di esse.

Palazzo Filippi

PALAZZO FILIPPI

1637

 La famiglia Filippi discendenti di una antica famiglia fiorentina, citata da Dante nel Paradiso al canto XVI, “…io vidi gli Ughi e i Catelini e i Filippi che nel dir furono illustri cittadini”.
I Filippi si erano stabiliti a Velletri sin dal 1528, e divenuti da allora cittadini benemeriti, poiché erano uomini d’arme di grande valore.

“Giuseppe Filippi fu capitano negli affari di Ferrara sotto il duca di Poli.”
“Cesare Filippi sargente maggiore di Bologna, Ferrara e Romagna”.
Citati da FRA BONAVENTURA TEOLI NEL 1644 nel Teatro Historico.

Avendo quindi bisogno di una dimora adatta alla loro condizione sociale, comprarono una porzione di centro storico composta da ben ventidue case, per demolirle e sul sito ricavato, costruire il loro palazzo.

Il sito era nella decarcia di S. Salvatore vicino alla omonima chiesa.

A due passi da piazza  del Trivio ( oggi Piazza Cairoli) e dalla chiesa di S. Maria.

Il palazzo Filippi sorse allora in via Fiore 40, ora denominata Camillo Meda, perché tale personaggio (un prete liberale morto nel carcere di Corneto, dove lo aveva relegato il Governo Pontificio) abitò nel 1848 questo palazzo, essendo stretto congiunto dei proprietari del medesimo.

Per vastità ed imponenza, era questo palazzo uno dei più belli di tutta la città.

Si noti che il fabbricato non fu del tutto portato a compimento.

Era costituito da quattro piani fuori terra, compreso il piano terreno, aveva una scala comodissima ornamentale, e poi vasti appartamenti con sale bellissime.

Figura 1:antico catastale, con il palazzo in evidenza

La costruzione di palazzo Filippi iniziò nel 1636 e si protrasse per tutto il 1637.

            Nfil1930a

Lo stupendo portale di ingresso su cui si affacciava il balcone  era sorretto da due colonne massicce di marmo.

La scala interna che portava ai piani superiori era decorata con numerosi reperti di marmi romani rinvenuti nel territorio.


Figura 2:disegno originale della pianta

Nella grande corte interna da una fonte sgorgava una provvida riserva d’acqua.

Anche in questo caso poiché siamo in possesso di una foto fatta dopo il bombardamento, secondo noi il palazzo si poteva ricostruire, ma nel dopoguerra vigeva una regola secondo cui tutto ciò che era lesionato andava abbattuto per far posto ad abitazioni senza nessun pregio architettonico, al solo scopo di fare più case possibile, in altre parole la speculazione edilizia.

Potevano essere benissimo ricavati nella struttura restaurata ben 5 alloggi per piano, per un totale di 20 alloggi, all’incirca quanti ne sono stati ricavati con la medesima brutta struttura esistente oggi.

Il palazzo, attribuito ad un progetto di Carlo Della Porta, aveva sontuosi saloni che venivano indicati come “ salone rosso” secondo il damasco della tappezzeria.

Una particolarità molto singolare era che durante il ‘700, fu installata una cameretta con il soffitto a cupola che aveva una specie di doccia, dalla quale per mezzo di un mantice scaturivano getti di cipria, per ricoprire la chioma delle dame di quel secolo.

Non era completamente cipria ma un misto con polvere di riso.

 Figura 3: ricostruzione della saletta della cipria

Si deve sapere che a quel tempo il non incipriarsi equivaleva essere in disordine, un segno vistoso di trascuratezza.

Inoltre la cipria sulle parrucche significava avere un alto rango di nascita, e distinguersi quindi dalla puzzolente plebaglia.(sic!!)

I sotterranei del palazzo si collegavano con quelli di Palazzo Ginnetti.

L’ultima discendente vissuta a Velletri fu Maria Annunziata detta  “Mietta”.